Don Chisciotte: la forza di provarci

E rieccoci alle prese con barbe, baffi, colle, scarpe che non sono scarpe, armature che pungono, stringono, distraggono e di cui comunque non si può fare a meno, perché bisogna pur avvicinarsi un po’ come immagine a questo signor Chisciotte troppo conosciuto e troppo prototipo per potersi azzardare a rappresentarlo in modo diverso da come lo si “vede” al solo nominarlo.

Tralascio il problema della magrezza esasperata, per me costituzionalmente irraggiungibile ma che bisogna pur suggerire almeno in modo subliminale!
Raggiunto tutto questo, che succede, è fatta? Macché!
Avevo dimenticato dopo ventidue anni che il teatro non è la pubblicità, che non è mai dipeso da un’immagine per quanto vicina ad un idea di personaggio? Non l’avevo dimenticato perché il teatro non l’ho mai abbandonato, ma avevo rimosso l’impervia difficoltà di Don Chisciotte che non è solo personaggio concepito per le scene, ma protagonista di uno dei pochi (forse cinque?) testi fondamentali di tutta la storia della letteratura mondiale; testo dal quale si può attingere da mille versanti e con mille punti di vista tutti legittimi, ma che subito si vendica se sente il minimo odore di tradimento o di leggerezza, leggi faciloneria.
Abbiamo con Maurizio, ed ho privilegiato i lampi dedicati al mondo del teatro; pur essendo uno degli infiniti temi di Cervantes sono tanti i lampi per poterli cogliere tutti e per questa edizione ne abbiamo scoperti altri rispetto a venti anni fa, sapendo che ce ne sono ancora e che fra venti anni forse altri attori ed altri registi potrebbero privilegiarli.
Per ora, coraggio, rendiamo credibile il viso, poi l’andatura, la gestualità, il tipo o i tipi di vocalità assecondando le infinite sfaccettature.
È sufficiente? No; siamo vicini ma bisogna verificare se l’interiore convinzione e disponibilità senza le quali anche l’interpretazione di un alabardiere muto risulterebbe carente, sono in grado di portare alla luce oltre le immagini e le divine parole, l’adamantina sete di verità, la poesia, l’amore per la vita nonostante tutto, per gli altri, per quel che la vita ha di reale e di utopistico, per i sogni, dimenticando che spesso si trasformano in incubi.
Ci riuscirò, sono ancora in grado di sentire e trasmettere tutto questo? Posso davvero dire a migliaia di persone che vale la pena di guardare oltre il grigio; che il faticoso viaggio iniziatico può essere ancora accompagnato da una consolatoria per quanto folle speranza di luce? Non lo so ma ho ancora la forza di provarci.
Pino Micol