Vai al contenuto

Siracusa, il teatro greco di Siracusa: chi c’è stato pensa di ornarci, chi non c’è stato ne aspetta l’occasione.
È uno spazio particolare, un teatro diverso da altri classici; il solo pensarlo vuoto sotto il sole, sia pieno di volti attenti, mi suscita emozione, mi incute rispetto.
Sono stata altre volte a lavorarci, a volte solo per guardarlo e camminare sulle scalinate…. e camminando sulle scalinate, leggendo i testi di Elettra e di Oreste, raccontati ambedue da Euripide, parlando poi a lungo con Piero e Bruno, poco a poco i personaggi escono fuori come da una pellicola sbiadita dalla mente e prendono corpo; individuo una chiave di partenza totalmente diversa per un testo o per l’altro per poi confrontarle, completare, aggiungere, levare.
Pezzi di stoffa, colori non colori.
Qualche nota sul mio lavoro in questo spettacolo.
…un mondo di nomadi, zingari contadini di un Medio Oriente e di un Mediterraneo in parte immaginato, in parte più volte da me constatato. Oggi come ieri, come secoli e secoli fa, in certi posti uomini e donne continuano a modellare e cuocere la terra, a intrecciare stuoie e tappeti, a tessere e colorare tessuti che poi uniscono tra loro con casuale sapienza. Si fanno vesti, copricapi, kilim e sacchi: poi il sole stinge e amalgama il tutto…
Queste sono le mie intenzioni, le confeme arriveranno solo quando comincerà l’Elettra e poi l’evento di Oreste: gremito e vociante di spettatori, il grande teatro si zittirà all’improvviso e si ripeterà il rito di sempre. Non ora, ma forse allora potrei dire qualcosa di preciso su questi costumi.
Santuzza Calì