Filumena Marturano – scene
Alla domanda “Cosa vuoi farne di questo testo?” Cristina Pezzoli mi rispose ”Vorrei che Eduardo venisse fuori per quello che è, un autore europeo, perciò non vorrei sentirmi legata a una natura di matrice esclusivamente napoletana. Vorrei anche che lo spazio nel quale si consuma la vicenda di Filumena non fosse, come da didascalia, un unico ambiente, ma una serie di luoghi che mi aiutino a scandire visivamente il ritmo della commedia”.
Mi trovai pienamente d’accordo e cominciai a vagare negli infiniti spazi della drammaturgia europea, dalla Francia alla Germania, dall’Inghilterra alla Russia, mantenendo comunque come punto di partenza l’Italia e in particolare naturalmente Napoli.
Perché non tirare l’intera vicenda fuori dall’intimità delle pareti domestiche collocandola in una situazione di più ampio respiro, come l’esterno-interno di un palazzo di sapore vagamente settecentesco, con le sue scale, i suoi ballatoi, i suoi scantinati, i suoi terrazzi, partendo dall’androne con il suo portone d’ingresso?
Mi trovavo cosi ad aver portato allo scoperto la vita di tutti i personaggi: la storia di Filumena non è più una vicenda privata, ma una vicenda vissuta nella promiscuità quotidiana di un condominio che guarda e giudica, con ironia, con severità, ma sempre con grande umanità. La macchina scenica era complessa, anche per la rapidità di cambi di luogo, ma non mi sono lasciato intimorire, anzi ho fatto ricorso a quelle antiche macchinerie teatrali che ignorano i motori e i congegni complicati, la cui sofisticata costruzione spesso tradisce, e ho affidato i movimenti di scena alle mani esperte dei macchinisti e alla loro abilità, che dona sempre ai cambi a vista quel tocco di incanto particolare, come quello del suono di uno strumento acustico rispetto all’algida perfezione di un suono elettronico.
Spero che il risultato del mio lavoro sia di aiuto alla lettura del disegno complessivo, che dia la sensazione di vivere lo spazio in modo dinamico e coinvolgente, e che dia l’impressione che a volte potremmo anche trovarci altrove.
Bruno Buonincontri