La scampagnata dei tre disperati e Francesca da Rimini – recensioni

l Trianon – Viviani Petito e la comicità a tutto vapore

Signori, sua maestà Antonio Petito. È ricomparso al Trianon Viviani con due dei suoi pezzi forti – la farsa «La scampagnata dei tre disperati» (titolo originale «’Na campagnata ’e tre disperate») e la parodia «Francesca da Rimini» – riuniti in un solo spettacolo prodotto dagli Ipocriti. E mai come stavolta il Trianon Viviani ha fatto onore alla qualifica di «teatro del popolo» attribuitagli dal suo direttore artistico Nino D’Angelo: giacché Petito fu davvero il monarca assoluto del teatro che affondava le radici nella nostra più antica e genuina tradizione popolare, in ciò contrapposto a quello di Scarpetta che, travasando a Napoli la pochade e il vaudeville, strizzava l’occhio alla borghesia. Di conseguenza, fa benissimo Antonio Casagrande, autore della riscrittura dei testi e coordinatore della messinscena, ad assumere come modello la Commedia dell’Arte: sicché – collegate fra loro la farsa e la parodia mercé la trasformazione dei tre disperati in guitti altrettanto affamati, ai quali l’oste di Petito, a sua volta trasformato in ostessa con sorella al seguito, impone in cambio del pranzo di recitare la tragedia di Silvio Pellico, suo presunto ex fidanzato – si dà luogo a tutta intera la festa ruspante dell’improvvisazione attorale, in un autentico trionfo di gag e lazzi. Ma Casagrande, con precisione e gusto, non dimentica né l’aggiornamento dei temi (vedi l’accostamento di quella scalcagnata trattoria al celeberrimo cuoco francese Escoffier) né le frecciate allo stesso Scarpetta (confuso con l’operazione omonima che si conduce nel piatto) e al famoso e spesso famigerato teatro di regia. E il perfetto riscontro di un simile ventaglio di segni è costituito – insieme con la scena di Bruno Buonincontri, non a caso astratta, con un Pulcinella in funzione di lare – dalle musiche di Ciro Cascino, un appropriato e sapiente mélange che trascorre dalla cantabilità melodica al ricalco ironico della canzone di giacca e della sceneggiata. Infine, a rinverdire la comicità «a vapore» di Petito (per l’appunto «tragedia a vapore» è il sottotitolo della «Francesca da Rimini») son chiamati – al fianco di Casagrande, che nei personaggi di Don Anselmo e Lancillotto ci mette l’impagabile stile di sempre – Tonino Taiuti (Picchio e Francesca) e Giovanni Esposito (Felice e Guido), coadiuvati fra gli altri da Susy Del Giudice (Luisella e la suggeritrice) e Marco De Notaris (il brigadiere). Le risate non mancano, anche se irraggiungibile resta l’edizione della «Francesca» – una vera e propria bomba – interpretata dai fratelli Giuffré insieme con Giacomo Rizzo. C’è da aggiungere che con questo spettacolo Antonio Casagrande (nella foto, con Taiuti ed Esposito) festeggia i cinquant’anni di carriera. Tanti auguri, e davvero sentiti.

Enrico Fiore