Vai al contenuto

Nota dell’autore

La visita della vecchia signora è una storia ambientata in una cittadina qualsiasi dell’Europa centrale, scritta da uno che non prende affatto le distanze dai suoi protagonisti e che non è poi tanto sicuro se si sarebbe comportato diversamente da loro. Io descrivo uomini, non marionette; un’azione, non un’allegoria; costruisco un mondo, non una morale, come qualcuno ha insinuato: anzi, non cerco neanche di confrontare la mia commedia col mondo, poiché tutto ciò accade spontaneamente, almeno finché il pubblico è parte integrante del teatro.

Un’opera teatrale, per me, vive nello spazio che le offre la scena, non nei panni di uno stile, qualunque esso sia. Se gli abitanti di Güllen giocano agli alberi, non lo fanno per spirito surrealistico, ma per sospingere quella storia d’amore un po’ penosa che ha per scenario questo bosco – gli approcci di un vecchio nei confronti di una vecchia – in uno spazio teatrale poetico, dandole un minimo di dignità. Alla base del mio lavoro di scrittore c’è una profonda fiducia nel teatro, nell’attore. Io dico: come un organismo si chiude in sé formando una pelle, un involucro esterno, così un’opera teatrale si chiude in sé tramite la lingua. E l’attore fornisce la lingua, non altro è il suo prodotto, la sua creazione. Penso che il lavoro dell’attore sia riprodurre questo prodotto dello scrittore.

Quello che è artificio deve ora apparire naturale. Se si interpreta in modo giusto il primo piano fornito da me, lo sfondo verrà delineandosi da solo. Non credo di far parte dell’avanguardia attuale, benché, certo, anch’io abbia una teoria artistica (con quante cose ci si può divertire): ma me la tengo per me come un’opinione personale (se no, magari, mi troverei anche a doverla rispettare), preferendo passare per un candido privo di ambizioni formali. I risultati migliori si otterranno mettendomi in scena con un occhio alla commedia popolare, trattandomi come una specie di Nestory consapevole.

Si rispettino le mie trovate rinunciando alla profondità di pensiero, si badi a cambiare scena di continuo, senza usare il sipario, si mantenga una recitazione essenziale anche nella scena in macchina, per la quale si userà preferibilmente un attrezzo scenico fornito soltanto delle parti indispensabili all’azione, sedile, volante, paraurti, l’auto vista da di fronte con i sedili posteriori rialzati: ma tutto questo, naturalmente deve essere nuovo, nuovo come le scarpe gialle ecc. (Questa scena non ha niente a che fare con Wilder – perché? Esercizio dialettico per i critici).

Claire Zachanassian non impersona né la giustizia né il piano Marshall e tanto meno l’Apocalisse; che sia semplicemente quello che è: la donna più ricca del mondo, che grazie al denaro può agire come un’eroina della tragedia greca, assoluta, crudele. Medea mettiamo. Se lo può permettere. La signora non manca di senso dell’umorismo, deve essere chiaro, perché verso la gente ha lo stesso distacco che si ha verso la merce; distaccata anche da se stessa, possiede poi una grazia singolare, un fascino malvagio. Ma a forza di muoversi al di fuori del consesso umano è diventata qualcosa di immutabile, di rigido senza possibilità di sviluppo ulteriore, a meno di non pietrificarsi in idolo.

E’ un’apparizione poetica al pari del suo seguito. Se l’impassibile Claire Zachanassian ha statura eroica fin dall’inizio, il suo anziano amante la deve acquistare. Lurido bottegaio, egli cade nelle grinfie di lei, ignaro. Colpevole com’è, all’inizio egli crede che la vita abbia da sola cancellato tutte le sue colpe. Un bruto insensibile, un semplicione nella cui mente, a poco a poco, si fa strada un barlume di coscienza, attraverso la paura, il terrore… Accanto ai protagonisti ci sono gli abitanti di Güllen, gente comune, come tutti noi.

Non bisogna dar loro tratti malvagi, tutt’altro; dapprima sono decisi a respingere l’offerta; se poi fanno debiti non è col proposito di uccidere Ill, ma per leggerezza, con l’idea che tutto si arrangerà. Soltanto la famiglia tenta di convincersi fino alla fine che tutto si aggiusterà: anche in essa non c’è cattiveria, soltanto debolezza, come in tutti. E’ il processo per cui una comunità cede a poco a poco alla tentazione, cedimento esemplare, ma che deve essere reso plausibile. La tentazione è troppo grande, la povertà troppo dura. La visita della vecchia signora è una commedia cattiva: proprio per questo deve essere recitata non con cattiveria ma con la massima umanità; con tristezza, non con rabbia; ma anche con umorismo, perché niente gioverebbe meno a questa commedia… che una soverchia e arida serietà.

Tratto da: 

«Lo scrittore nel tempo» 

Scritti su letteratura, teatro e cinema 

Edizione Einaudi, 1982