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Quando si fa la riduzione teatrale di un romanzo, una delle tante possibili, in teoria ci sono almeno due modi di procedere diversi per non dire antitetici: si può sentire l’esigenza di staccarsi dal testo originale variandone il senso anche fino a capovolgerlo, oppure il fine ultimo è quello di conservarne il più possibile il senso e i valori espressivi. Con “L’idiota” mi è capitato di sperimentare, in tempi diversi, tutt’e due le strade.
Nel 1977, con Bruno Cirino nel ruolo di Myškin per la regia di Aldo Trionfo, scrissi un testo che non era basato sullo sviluppo dell’azione drammatica e sulla psicologia dei personaggi, ma dove tutto accadeva come in una composizione musicale polifonica.
Nel 1998, con Giulio Scarpati nel ruolo di Myškin per la regia di Gigi Dall’Aglio, ho costruito un testo con una struttura teatrale simile a quella che si riscontra, parlando in generale, nei classici di ogni epoca. In altre parole, un testo costituito da una parte iniziale in cui vengono presentati gli avvenimenti e la situazione da cui scaturisce l’azione rappresentata; da una parte centrale in cui l’azione si sviluppa in crescendo fino a raggiungere la sua dimensione chiaramente e compiutamente delineata; da una parte finale in cui l’azione culmina e si conclude con la catastrofe o con il lieto fine o con una delle varianti intermedie. Inoltre, le scene che compongono il testo possiedono forza dinamica, specifica e interna, sono concatenate tra di loro e nello stesso tempo sono imprevedibili. Le sorprese dell’intreccio e i colpi di scena, però, non sono fini a se stessi ma rivelano la complessità della realtà e della psicologia dei personaggi. Naturalmente il risultato poetico non è meccanico ma creativo.
Partendo da un romanzo come “l’Idiota” (circa 800 pagine), per ricavarne un testo teatrale (circa 100 pagine) ho dovuto effettuare tutte le scelte necessarie e sufficienti per conservare l’essenza del romanzo come si manifesta nello svolgersi dell’azione principale. Per ottenere questo risultato non è bastato fare dei tagli ma si è resa necessaria una elaborazione drammaturgica, sia pure nel più rigoroso rispetto del testo di Dostoevskij da me nuovamente tradotto con particolare attenzione ai vari registri linguistici del testo originale. Il tutto mi ha impegnato per un lungo periodo di lavoro molto intenso … avvalendomi anche di tutto quello che Dostoevskij ha lasciato scritto nei suoi quaderni di composizione dell’Idiota e in varie lettere.
Angelo Dallagiacoma