Oh happy day! – note

Vedere e ascoltare i malvagi è gia l’inizio della malvagità‘ diceva Confucio.

Ma i personaggi di questa commedia sono già ben oltre l’inizio; non solo vedono e ascoltano la malvagità, ma vi convivono, la praticano e ne sono utenti, abbonati, spettatori, attori e cittadini.

Così, seppur inconsapevolmente, la rispettano, la nutrono con la loro accidia, la legittimano e sono ormai talmente assuefatti ad essa da non avere più una coscienza reale di loro stessi.

Sono individui che accettano – razionalmente – la loro condizione, cedendo però irrazionalmente alla frustrazione di sentirsi ‘pezzi di ricambio’ di una catena di montaggio che ha invaso, ormai, tutto il senso dell’esistere.

Questo spettacolo di varia umanità prende le mosse da una macchina scenica che sembra esporre tutti, come in una vetrina. Abbiamo scelto di abitare lo spazio con pochi elementi, essenziali, variati sull’alternanza dei piani e dei volumi, quale segno di quanta claustrofobia si possa generare nell’alternanza di vuoto e pieno cui la precarietà ci sottopone.

La nostra regia a quattro mani ha voluto, poi, concentrarsi, soprattutto, sull’interprete e la parola.

Lo stile recitativo esplora, quindi, vari registri: dal contemporaneo, al tragico, al lirico, alla declamazione e li re-interpreta in chiave ironica e surreale.

La scrittura di Spaziani, infatti, nel delineare l’emersione di un virulento humour nero, ha la capacità di essere una scrittura ‘impegnata’ ma senza predicazioni, e ha l’abilità di restituire, attraverso il paradosso, un’analisi fredda e spietata della realtà attuale.

Riesce, quindi, a farci ridere e a farci, in qualche modo, vergognare, subito dopo, d’aver potuto ridere di tali esempi di cattiveria.

Emanuela Giovannini – Giorgio Spaziani