Pretty – un motivo per essere carini – note di regia

Reasons to be pretty (un motivo per essere carini) è un carillon furibondo una giostra di vicende osservate al microscopio che Neil LaBute è riuscito a intessere intorno a piccole vicende di tutti i giorni che esplodono e implodono grazie ai fraintendimenti e alle diverse sensibilità che regolano i rapporti tra uomini e donne.
Un raffinatissimo gioco delle parti senza esclusione di colpi, uno specchio dei nostri tempi in cui le relazioni sono costruite sull’immagine che abbiamo degli altri nella difficoltà di conoscersi veramente.
Un girotondo tragicomico costruito attraverso scambi feroci e al vetriolo, il tutto condito di sarcasmo e ironia.
Un testo dal sapore agrodolce dove nessuno si salva compresi noi nell’inevitabile riconoscersi in quei meccanismi tra reality e tranche de vie. Due uomini, amici per comodità, due donne che in modo diverso subiscono e reagiscono. Due coppie che a modo loro si amano, si odiano, si lasciano e si ricompongono in modi alternativi.
Le scene si avvicendano e si accavallano nel tempo e nello spazio come in un film in un luogo che potrebbe essere ovunque in un’epoca che è la nostra ma che potrebbe essere sempre. Tutti sono in cerca di qualcosa forse di una soddisfazione, della realizzazione, dell’armonia che inseguono affannosamente senza spesso un vero progetto. In una strana parabola ogni personaggio lentamente si rivela per quello che è o meglio i fatti e le cose ma soprattutto le conseguenze delle azioni fatte spingono ogni personaggio verso una risoluzione non sempre positiva ma concreta e nulla sarà più come prima.
L’armonia alla fine arriva quando meno se l’aspettano e non passa per la strada principale, quella delle favole o dei romanzetti, ma passa per la consapevolezza e la maturità e la capacità di discernere le cose di cui si ha davvero bisogno e non è detto che tutto questo corrisponda alla felicità o all’idea che noi ci siamo fatti, o che la società ci spinge a credere. Forse perché la felicità è, come la bellezza, un’utopia.
Fabrizio Arcuri