Questi fantasmi! – gli attori sui personaggi
L’inquilino dell’ultimo piano. (trentaseiesimo giorno di prove)
Nel mio camerino funzionano due lampadine su sei, la luce centrale no. C’è una tenda che non si riesce proprio a chiudere: chi passasse ora per la strada potrebbe vedermi in mutande, ma non passa nessuno da parecchio…e sono felice!
Si, proprio felice, non una cosa che ci assomiglia, la felicità fatta di serenità, elettricità, consapevolezza, voglia di andare in scena .
Le prove sono un meraviglioso, faticoso processo creativo ma sono anche un processo, un processo in piena regola. Mai come nel nostro caso questo è avvenuto: ogni personaggio è stato messo alla sbarra. Armando Pugliese P.M. noi attori, avvocati difensori. Armando, immarcescibile anarchico-libertario-reazionario, vedeva nelle pieghe più oscure, più inconfessabili, sordide con furia apocalittica: più forte era la luce, più lunga l’ombra marcia che proiettava.
Anche io, perfido buonista, mi sono trovato a difenderlo, questo povero farabutto di Pasquale Lojacono. Ed in effetti nel meccanismo perverso, costruito da Eduardo, tutto appare semplice, lineare, addirittura disarmante: gli vuole bene lui al suo inquilino che ha abbandonato i mezzanini appena poco più luminosi dei bassi da cui si sente attirato, giù, sempre più giù, vertiginosamente.
Tutto troppo semplice, troppo lineare “troppo” appunto.
Pasquale Lojacono è soprattutto un mistero alle prese con un mistero più grande del suo. Alle prese con la vita che ti fa male e ti prende pure in giro. Alle prese con la paura di non farcela, di rimanere solo, di non riuscire a tenere insieme i brandelli di questa coppia crepata, sterile (anche questo è un elemento di grande modernità: l’assenza di figli, forse casuale, ma non in teatro si sa che il caso non esiste). Eduardo credo voglia bene alla sua tempra alla sua capacità i resistere senza mai voltarsi dall’altra parte, stando lì, eroicamente, senza scappare.
Il sud, ha detto qualcuno, è un paradiso abitato da diavoli: l’armonia da queste parti è una conquista più faticosa, più dolorosa che altrove. Uno degli errori fatali di Lojacono è quello di pensare che forse la si può raggiungere accumulando beni, roba bella. È questa, secondo me, l’intuizione più folgorante di questo capolavoro eduardiano: quello che ci avrebbe perso non sarebbe stata la fame, così devastante quando l’opera è stata scritta, ma la fame senza appettito che avrebbe devastato le nostre menti di lì a poco, che ci avrebbe resi così infelici senza sapere il perché.
P.S. Tre grazie per chiudere: il primo a Luca che mi ha regalato la gioia di cui parlava all’inizio. Il secondo ad Armando che mi ha restituito il senso del lavoro attore-regista, che mi mancava ormai da un po’. Il terzo a Carlo, Daniela, Francesca, Francesco, Lello, Maria Laura, Mimma, a Sandro, Mariano, Gianfranco, Francesca, Cinzia, Tommaso ed al mio amico e vecchio compagno Taiuti, che mi ha riconsegnato, intatte, la freschezza, la curiosità, la passione dei primi anni vissuti insieme in teatro e non solo.
(Pasquale Lojacono) Silvio Orlando
Io sono Maria, sono il dolore di non riuscire più ad amare,a capire l’uomo a cui,pure,ho legato la mia esistenza. La voglia di aprire gli occhi una mattina e trovare la mia vita diversa,senza la fatica di sentirmi gli occhi di tutti addosso,che mi giudicano,mi condannano. “Anima perduta,mi definisce
Eduardo,anche lui forse mi giudica,mi condanna. Mi riserva quell’ultima fatale beffa, quell’ultima illusione, quell’ultima carezza seguita da uno schiaffo beffardo che mi lascia così ammutolita senza neanche senza neanche la consolazione della follia che sembra circondare e assolvere le altre donne di questa vicenda.
(Maria Lojacono) Maria Laura Rondanini
In tutti noi convivono due personalità. Per comodità, tutti, o quasi, preferiamo portar fuori quella più confacente alla nostra società.
Solo pochi, talvolta, riescono a separare il cuore dalla mente e quindi a portar fuori l’altra personalità, quella nascosta, proibita, dettata esclusivamente dall’istinto, rischiando di essere considerati folli.
Ed ecco Alfredo che stufo di sognare solamente ciò che gli ha sempre dettato il proprio istinto, decide di agire.
Rompe ogni equilibrio.
Con ogni mezzo, combatte per riuscire a raggiungere l’irraggiungibile. Distrugge tutto quanto gli possa sembrare di aver costruito fino ad allora. Ma all’improvviso, come a svegliarsi da un sogno, sarà costretto a fermarsi e a tornare indietro.
Si rivelerà solo, come lo definì lo stesso autore, un’anima irrequieta.
Io, invece, grazie ad Alfredo e al teatro, ho l’opportunità esclusiva di poter portar fuori, come da uno specchio, l’immagine deformata della mia personalità.
(l’amante, Alfredo Marigliano) Francesco Procopio
Armida incuriosisce, cattura, fa sorridere, fa tenerezza, è ridicola,fa paura, pena, è viva. Mi piace, mi piace il suo cuore che non si rassegna a perdere l’uomo al quale si è dedicata oltremodo e che ora la tradisce. Mi piace la sua esuberanza sentimentale,il suo ostinato tentativo di sedurre con i mezzi che una donna di buona famiglia e sani principi può avere mi piace il suo essere plateale, il fatto che faccia il suo ingresso nella casa dove il marito “ vaga indisturbato”, insieme ad un pietoso e sgangherato corteo (i figli ed i vecchi di casa), l’unico che lei possa istruire e guidare per la “recita” dei fantasmi. Mi piace la sua distanza dal buon gusto che aumenta insieme alla sua incapacità di seguire il suo progetto di vendetta come lei stessa lo aveva concepito. Mi piace la follia che la possiede come un lampo, che annienta la sua dignità, che fa di una donna vera una maschera. Mi piace confondermi col suo tailleur grigio, nascondermi sotto il suo cappellino,sapere che nella sua borsetta c’è dell’arsenico (non si sa mai!). …e …sognare con lei l’applauso di chi è venuto a sentirla cantare.
(Armida Marigliano) Daniela Marazita
Non studio mai il personaggio da solo mi piace superare gli ostacoli insieme agli altri. Sono un autodidatta e mi faccio indicare la strada che deve diventare il cammino personale. Mi appassiono alle prove, ma poi ho bisogno del pubblico per completare il percorso. Mi piace giocare col personaggio che interpreto e faccio sempre in modo che lui sappia che dall’altra parte ci sono io.
Questo è il mio metodo.
Il portinaio di “questi fantasmi”, è un’anima vivente che recita nel presente “le sue ragioni sono state consumate nello stesso istante dell’attore che recita”. Il teatro è qui, adesso, ora e non c’è mai in questo recitare una prevaricazione sull’altro. “viene un momento in cui non si sa più esattamente quale personaggio stia sostenendo l’altro”.
Ho sempre avuto un amore per questa commedia, per come è scritta e soprattutto per come l’ho vista (quando ancora non facevo l’attore) nella versione televisiva di Eduardo. E’ una delle commedie che ha trasmesso in me la “passione” per il teatro. Raffaele viene definito dall’autore, anima nera. È un portinaio di un antico palazzo infestato dai fantasmi, dove ogni volta la sua comparsa ci riserva una piccola e amara sorpresa. Sin dall’inizio questo “pulcinella servitore” ci introduce con la sua parlata, in una Napoli radicata nella lingua di una città di teatro. Morbido e appuntito, melodico e sgraziato, scontroso e ruffiano. Il portiere ruota intorno alla scena in un rituale da cerchio magico, è lui che narra la fiaba… le sue “mariolerie” si accontentano ora di una cravatta, ora di un cappello, ora addirittura di una frittata di maccheroni.
Raffaele, sa tutto di tutti è un professionista del suo mestiere e vuole conservare quel posto che gli consente una vita comoda e truffaldina.Dove la sua anima nera danza accompagnando la sua solitudine, nel alone di mistero che aleggia nella casa. Ma qui per me non sono necessari i frutti di queste azioni, o le battute che dice questo personaggio, ma è “necessario” il teatro stesso che lui rappresenta. Un teatro che ci ricorda spesso, che “esiste” ancora. Fatto di regole e libertà, di regole e gioco, che non si riduce solo allo spettacolo, ma che è “la nostra residenza privilegiata, il muro che ci protegge e ci rinserra.” (Raffaele,il portiere) Tonino Taiuti
Da un “donnone” come me in scena ci si aspetterebbe l’interpretazione di un personaggio, dal carattere forte, deciso, imponente come la mia presenza. Invece il mio personaggio, Carmela , la sorella del portiere, l’anima dannata è una donna estremamente fragile sensibile; di cui la vita il destino e quindi la stessa volontà dell’autore ha voluto ridere, consegnando alla scena un personaggio carico di tragedia ma terribilmente “Buffo” capace di far ridere con le sue piccole e grandi paure . Lavorare insieme al regista alla messa in scena di questo personaggio così diverso da me ma così straordinariamente teatrale è stato molto divertente e stimolante , un piccolo traguardo nella mia carriera d’attore.
(sorella del portiere Carmela) Mimma Lovoi
Due facchini, due balordi due anonimi trasportatori,ai quali, Eduardo non da nemmeno un nome, che hanno solo unico desiderio quello di adempiere al loro dovere, recapitare un armadio, prendere la loro parcella e poi andarsi a “schiantare” un quartino di vino all’osteria di fronte. Un elogio alla indolenza e alla strafottenza napoletana. Un saggio consiglio su come sfuggire al lavoro.
(Primo facchino) Carlo Di Maio
La famiglia di Armida composta da Saverio Califano, un vecchio ed egregio professore di musica e la sua degna moglie Maddalena, Silvia e Arturo i figli che, vittime del dispotismo della loro madre la accompagnano in questa strana commedia a fare le sue rimostranze di moglie e madre tradita; ma
sarebbero volentieri rimasti a casa…
( Saverio Califano) Carlo Di Maio
La prima impressione che ebbi dopo aver letto la commedia, ovviamente dando uno sguardo particolare al personaggio che dovevo interpretare, cioè Gastone Califano, il cognato o come lo definisce l’autore “anima libera”, fu quella di costatare che Gastone, al contrario, per me non è af- fatto un’anima libera. Tutti i personaggi o quasi sono alla continua ricerca di un cambiamento o di un qualcosa che permetta loro di vivere meglio. Gastone come gioco degli opposti è il conservatore; l’unico che vuole che le cose restino così. La sua preoccupazione principale è quella di riportare a casa il cognato ma è solo un problema di egoismo. Opportunista fino alla fine, cerca nel cognato la certezza di una tranquillità economica e di un futuro che gli permetta di mantenere lo stato sociale a cui egli appartiene.
È anima libera, superficiale e di apparenza, non sono certamente i valori dell’unità della famiglia che lo interessano, ma i soldi che il cognato spende senza controllo per un’altra donna.
Se lo dovessi giudicare, nella realtà, direi che la sua personalità è priva di ogni morale, fino allo scivolone finale quando cerca di approfittare della moglie di Pasquale Lojacono,donna fragile in quel momento, e certamente più vulnerabile, perché sta per perdere tutto e quindi facile preda.
La mia sfida sarà quella di rendere il più vero possibile questo personaggio che nella vita reale non mi appartiene, nè nella sostanza, nè nei pensieri. Ma chi di noi nella realtà non si sarebbe preoccupato? Chi di noi non avrebbe colto l’occasione o non avrebbe cercato di approfittare.
Beh! Scagli la prima pietra….
(il cognato Gastone Califano ) Lello Radice