Una Storia d’Amore
Anton Cechov e Olga Knipper
di F. Nocher, F. Berge, A. Cristophoroff
regia Nora Venturini
scene e costumi Bruno Buonincontri
musiche Pasquale Scialò
luci Raffaele Perin
con Giulio Scarpati e Lorenza Indovina
Le voci fuori campo sono di Ludovica Modugno e Pierfrancesco Poggi.
Note di regia
Anton Cechov,“lo scrittore”, e Olga Knipper, “l’attrice”, si sono scambiati 400 lettere, durante i loro “sei brevi anni d’amore”. Da questo epistolario appassionato, ironico, poetico e commovente, ricostruiamo, in presa diretta, la loro storia intima, dal primo incontro, l’amicizia, la relazione clandestina, il matrimonio, fino alla morte di lui, annunciata ma repentina.
E poi, il Teatro, terzo grande protagonista della pièce, la grande passione che li unisce ma nello stesso tempo li divide. Assistiamo, attraverso le lettere, alla genesi di “Zio Vanja”, “Le tre sorelle”, “Il Giardino dei Ciliegi”. A sprazzi, vediamo nascere nel “pigro” Anton l’idea della commedia, prendere ispirazione da fatti concreti, nutrirsi di frammenti rubati alla realtà, svilupparsi e intersecarsi con la vita dei due amanti, fino a diventare creatura compiuta, passare dalle mani di lui a quelle di lei, per poi continuare a vivere sul palcoscenico.
Nelle lettere che Olga scrive dalla tournée, ad un Anton costretto dalla tisi a lunghi soggiorni in campagna, in paesi caldi, o in sanatorio, sentiamo gli echi dello spettacolo, dei successi e degli insuccessi, della vita di compagnia, dei fermenti del grande teatro russo di Stanislavskij.
Sullo sfondo della storia d’amore, vissuta per lo più a distanza, a rincorrersi, inseguirsi, desiderarsi, raggiungersi, separarsi, il passaggio del nuovo secolo, pieno di aspettative e inquietudini.
Il ritratto dei due artisti che emerge dal discorso amoroso, è estremamente umano, quotidiano, carnale; li sentiamo vicini, fragili, infantili, nelle loro paure, angosce, gelosie; quando, come tutti gli innamorati, scherzano, si provocano, dubitano l’uno dell’altro, o si prendono in giro, con leggerezza e ironia; ma il discorso, a tratti, si fa invece più profondo, malinconico, poetico, doloroso, specchio di una condizione esistenziale di nostalgia, di fuga da un destino di morte, di bisogno d’amore, di rincorsa perenne, irraggiungibile, della felicità. Che, come dice Cechov, non esiste. “La possiamo solo aspettare, sognare, desiderare…“
Autore
Anton Pavlovič Čechov
(Taganrog 1860 – Badenweiler 1904)
Figlio di un piccolo commerciante, frequentò l’università a Mosca e si laureò in medicina, ma esercitò poco la professione. Dal 1880 iniziò a pubblicare dei racconti su riviste umoristiche, raccolti poi in volumi a partire dal 1884. Il dramma Ivanov, andato in scena nel 1887 a Mosca con esiti negativi, venne poi ripreso con successo, in una nuova stesura, a Pietroburgo (1889) e a Mosca (1904). La tubercolosi, già manifestatasi nel 1884, si andava intanto aggravando, costringendolo a soggiorni in luoghi di cura (1888-1889).
In quegli stessi anni iniziò una fattiva collaborazione con il Teatro d’Arte di Mosca: nel 1898 fu accolto trionfalmente Il gabbiano. Nel 1901 sposò l’attrice Olga Knipper; nel febbraio del 1904, aggravatasi la malattia, andò nel centro termale di Badenweiler, dove, dopo poco tempo, si spense.
Recensioni
www.orvietonews.it – Quotidiano online di Orvieto 29/11/2005
Una storia d’amore debutta al Mancinelli. Caro scrittore, cara attrice… quando l’epistolario calca la scena
di Laura Ricci
Tradotto dalla regista Nora Venturini dal testo teatrale di François Nocher, “Una storia d’amore”, in prima nazionale a Orvieto per la compagnia de Gli Ipocriti, mette in scena un epistolario che, anche in altre versioni, alle scene ha già regalato le sue parole.
Ci aveva già provato il regista inglese Peter Brook, con una coproduzione Théatre des Bouffes du Nord – C.I.C.T., portandolo al Piccolo di Milano con una versione in francese – Ta main dans la mienne – recitata da Michel Piccoli e Natasha Parry. Del resto, la straordinaria storia d’amore che legò per circa sei anni Anton Cechov e Olga Knipper è affascinante, costituiscono una vera tentazione le loro quattrocento lettere.
A interpretare lo scrittore e l’attrice in questa nuova produzione sono Giulio Scarpati e Lorenza Indovina, forse umanizzando e rendendo più leggera una storia dolorosa che, nell’interpretazione un po’ cinica di Michel Piccoli, giocava molto su un Cechov vagamente crudele e bislacco.
Giulio Scarpati, invece, è un Cechov a tratti ironico e a tratti disincantato, ma al giusto punto romantico, che a volte si sottrae, e a volte si abbandona alla passione e all’esuberanza della sua attrice: ‘un vento forte’ nella piccola Yalta troppo tranquilla, scelta per scrivere in concentrazione e, soprattutto, per fronteggiare la malattia che non perdona, la tubercolosi.
Un amore dell’assenza, come tanti; come furono, almeno per alcuni periodi, tutti i celebri amori che hanno prodotto altrettanto celebri epistolari. Ma per Anton Cechov e per Olga Knipper ‘l’assenza’ fu sempre: lui relegato e tutto sommato annoiato, nonostante il balsamo della scrittura, in campagna; lei a trasmettergli, esuberante, gli echi cittadini e la concitata vita del Teatro di Mosca di Stanislavskij, il tramestio serrato delle tournée a Pietroburgo, gli applausi e gli interrogativi sulla giusta interpretazione del testo, la fierezza di dare corpo e voce ai testi del suo amato autore e amante. In certo senso – come lei scrive – lui ‘moglie’, lei ‘marito’.
Uno spettacolo in cui il teatro è nel teatro: “Zio Vania”, “Le tre sorelle”, “Il Giardino dei Ciliegi”… nascono dalla penna cechoviana sulla sinistra della scena, tra la stufa e il grigiore degli alberi spogli di Yalta; e si concretizzano nell’applauso e nell’ambiente caldo e solare sulla destra del palcoscenico, negli entusiasmi o nei dubbi della Knipper, poi Cechova (i due amanti a tre anni dal loro carteggio si sposarono), alias Lorenza Indovina. Al centro della scena, un po’ di qua e un po’ di là, il letto, il sempre improbabile talamo dei brevi e desiderati incontri.
Cechov non voleva una moglie tradizionale, aveva orrore di una possibile routine, fu accontentato; e Olga Knipper, poi Cechova, non avrebbe mai rinunciato al teatro per fare la moglie.
Nell’assenza, tenuto a bada dall’ironia della penna, si espande il desiderio: invidio le vostre pantofole – lui le scrive – che vi vedono ogni mattina… invidio i due topolini che osservano la vostra bellezza dalle travi del vostro camerino. E lei, più diretta, esprime le sue esigenze, la sua nostalgia in modo singolare ma molto meno trattenuto, lo chiama a sé, lo raggiunge a sorpresa ogni volta che le è possibile.
Le lettere viaggiano, ma non bastano… nessuna lettera oggi, speravo in una lettera, perché non mi scrivete?, scrivete, scrivetemi…
Non mancano i fraintendimenti, gli screzi, per di più fermati dall’impietosa, durevole parola scritta – quel che è scritto è scritto, lui dice – ma la passione ha il sopravvento, l’imperfezione non annienta il gioco scintillante delle due complementari intelligenze.
Caro scrittore, cara attrice… così Cechov e la Knipper-Cechova intestavano le loro lettere; così dialogano, in scena, Scarpati e la Indovina. E fu qui, in questa complicità la cifra del loro amore, fatto di attrazione di carne, ma anche della condivisione di un comune progetto: il Teatro.
Viene da chiedersi se, insieme in una vita più assidua, si sarebbero amati; se senza lettere l’amore sarebbe durato. Ma è una stupida domanda. Così è stato, così si sono amati: da sempre la lettera è stata complice e galeotta; e da sempre ha unito chi aveva cuore e intelletto.
Fatti, una volta, di lente, sporadiche e anelate lettere, oggi intessuti di veloci, serrate ma altrettanto desiderate mail, gli epistolari, sia pure con diverso linguaggio, non sono poi così lontani dalla nostra epoca. C’è una costante in tutti gli epistolari celebri che, nella mia passione per le lettere, ho letto, riletto e accumulato: di solito è lei la più amorosa, la più verbalmente sfrenata; probabilmente è una modalità di genere, un’attitudine sessuata.
Forse anche in questo testo teatrale ci aspetteremmo, a partire dalla bellezza della storia, un Cechov più romantico, più appassionato. Ma Cechov sapeva di dover morire, come Olga Knipper scrive la vita tu sembri sempre guardarla dalla finestra, è come se non ci fossi; credere che la felicità non esista, che sia solo un’aspirazione è un modo meno traumatico per potersene staccare.
La vita è già passata e ancora dobbiamo entrarvi… parola scritta di Anton Cechov. E anche in quel suo bizzarro morire, in quella coppa di champagne bevuta tranquillamente, ironicamente a pochi istanti dalla morte lieve e silenziosa è forse la difesa di chi, per non attaccarsi troppo all’esistere, la vita l’ha sempre tenuta un poco a freno.
In questa cautela, l’interpretazione di Scarpati eccelle; così come è brava Lorenza Indovina nell’entrare nel suo ruolo con il diverso coinvolgimento del frizzante, rischioso brillìo dell’essere che fu proprio di Olga Knipper.
LA PROVINCIA DI SONDRIO 15 dicembre 2005
Il Cechov di Scarpati incanta la platea del Don Bosco: applausi a scena aperta
Sul palco una bella storia d’amore
di Paolo Redaelli
Un legame a distanza, ma forte, intenso, tanto da superare anche la morte. È ‘una storia d’amore’, ma non come le altre, quella portata sulla scena con successo nella stagione di SondrioTeatro da Giulio Scarpati e Lorenza Indovina, applauditissimi nei panni rispettivamente di Anton Cechov e Olga Knipper. Scrittore ed attrice si sono amati per sei anni incontrandosi solo fugacemente, lei impegnata in tournée con i lavori di lui, lui costretto a vivere in zone calde perché minato dalla tubercolosi che lo ucciderà a soli 44 anni, scrivendosi più di quattrocento lettere.
Ed è una bella storia d’amore, con la distanza tra i due accentuata dalla stessa scenografia, di diverso colore, il palco diviso in due, una sorta di ‘split screen’ mutuato dal cinema per mostrare in contemporanea la narrazione suggerita dalle lettere che, nella realtà, sono temporalmente separate. Scarpati-Cechov si muove a sinistra, con la sua recitazione pacata, quasi dimessa, ma molto efficace. Indovina-Knipper agisce sulla destra, a Mosca, in una scena più vivida e colorata, il mondo del teatro dal quale forzatamente lo scrittore è lontano.
Il dialogo epistolare è quello di due innamorati, lento quasi soporifero nel primo atto, con gli spostamenti progressivi del cuore che tramutano un’amicizia, nata durante una rappresentazione de ‘Il gabbiano’, in autentico amore. Le lettere evocano sentimenti, desideri, ironie, civetterie, ripicche. Molto più efficace, e serrato, il secondo atto, quando l’innamoramento diventa passione e legame solido, forte, noncurante di tutto. Nell’amore per la Knipper lo scrittore devastato dalla malattia trova una luce che illuminerà i resto dei suoi giorni. E questo mutamento in positivo è sottolineato anche dal cambio d’abito, un vestito bianco, simbolo di un’anima che si apre alla speranza.
Scarpati è bravo a restituire, senza eccedere, i tormenti dello scrittore che comunque in questa sua ‘cognizione del dolore’ trova la creatività per snocciolare capolavori, passando dal dramma di ‘Zio Vania’ alla commedia de ‘Il giardino dei ciliegi’, mentre è la sua stessa vita che attraversa questo cambiamento. Lorenza Indovina è una Olga misurata nel dosare effervescenza e ansia di piacere, non tanto allo scrittore quanto alla protettiva famiglia di lui.
«Se restassi, ti abitueresti a me come ci si abitua ad una vecchia poltrona», ammoniva scherzosamente nelle sue lettere Olga, ma questa assuefazione non ci sarà. Un po’ perché la lontananza forzata alimenta comunque la passione che esplode nei fugaci incontri, un po’ perché i due hanno trovato quel tipo di amore raro.
Un lavoro che restituisce, grazie alla regia di Nora Venturini, del tutto intatta l’atmosfera di un’epoca che non aveva ancora sostituito alle lettere telefono ed email, il tramonto di un secolo che porta con sé nuove inquietudini e vede la morte, improvvisa anche se annunciata, di un grande artista. Ma è una bella morte, un bicchiere di champagne in mano, lo sguardo fisso in quello dell’amata, un brindisi alla vita perché ‘bisogna vivere’. Nonostante tutto.
IL RESTO DEL CARLINO giovedì 12 gennaio 2006
L’inguaribile passione Cechoviana
di Alessandro Malpelo
Reduce da una calorosa accoglienza al Comunale di Carpi, ritorna eccezionalmente per una sera, stavolta al Teatro Carani di Sassuolo, diretto da Roberto Costi, la compagnia de Gli Ipocriti con Giulio Scarpati e Lorenza Indovina ne ‘Una storia d’amore’ di Nocher, Berge e Cristophoroff. È un testo contemporaneo, fresco e interessante, uno spettacolo da non perdere.
La scena tagliata a metà delimita gli spazi psicologici dei due personaggi. Da una parte il grande drammaturgo Anton Cechov, alle prese con i suoi tormenti sentimentali e la «febbrile» attività di scrittore. Un taglio quasi cinematografico rende bene i dialoghi con l’amata Olga Knipper, un’attrice intraprendente e indipendente. Lei è spesso in tournée, i due si parlano attraverso un intenso e commovente epistolario. Centinaia di lettere si sono trasformate magicamente in forma di copione per ripercorrere sei anni di amore e di lontananze: il corteggiamento, il mènage e la scelta di libertà della donna che non si adatta nello scomodo ruolo di compagna e sceglie di partire per massacranti viaggi lasciando l’amato Cechov alle prese con una malattia che alla fine prenderà il sopravvento. La regia è di Nora Venturini. Scene e costumi di Bruno Buonincontri, musiche originali di Pasquale Scialò, luci di Raffaele Perin. Sipario alle ore 21.
ROMA giovedì 26 gennaio 2006
Il lato intimo e personale di Cechov
di Enrica Buongiorno
Tanti applausi al Teatro Bellini per la prima di ‘Una storia d’amore’ di F.Nocher, F.Berge, A.Cristophoroff dalla corrispondenza di Anton Cechov, traduzione e regia di Nora Venturini, con Giulio Scarpati e Lorenza Indovina. Il lampo di un flash di una macchina fotografica d’altri tempi svela una scena suddivisa a metà.
Da una parte lo studio di Cechov a Yalta, dall’altra il camerino della Knipper a Mosca. Allo spettatore così non resta che assistere curioso, come ad una partita di tennis, alle vicende dei due amanti che, in un gioco di finti monologhi, riempiono interamente la scena catturando il cuore e la sensibilità anche del più misantropo tra il pubblico. Anton Cechov, ammalato di tubercolosi, è costretto a lunghi soggiorni sul mar Nero, a Yalta. Qui però non solo esercita la sua professione di medico, curando gli ammalati, ma svolge anche quella di scrittore. Eccolo dunque al suo scrittoio mentre compone “Zio Vanja”, “Le tre sorelle” o il “Giardino dei Ciliegi”. Ci ritroviamo così a scoprire il lato più personale ed intimo di un uomo, grande osservatore della realtà che lo circonda, un uomo fortemente curioso, ironico, “a cui non piacciono i discorsi sera” ripeterà la Knipper, altruista, onesto, attaccato alla vita. Olga Knipper è, invece, un’attrice del Gran Teatro di Mosca, una donna indipendente, piena di gioia di vivere innamorata del teatro e del suo mestiere, conosce Cechov grazie alla messa in scena del “Gabbiano”, ed è qui che comincia la loro storia d’amore. “Una” storia d’amore, come recita il titolo della piéce, perché Anton e Olga, vivono il loro amore come tutti gli innamorati, si corteggiano, si inseguono, si scrivono soprattutto. Ma la loro è anche una relazione sentimentale specchio di una società moderna.
Una relazione fatta di due persone impegnate nel proprio lavoro, che devono ritagliarsi i propri spazi per stare insieme. Li vediamo così fuggire da una parte all’altra della grande Russia per potere incontrarsi, perseguitati dalla stampa, fino alle nozze. Giulio Scarpati è un Cechov sincero, appassionato ed appassionante, mentre Lorenza Indovina è una Knipper entusiasta ed emotiva. Un allestimento, quello della “Compagnia Gli Ipocriti”, molto curato nella scenografia, così come nei costumi. Uno spettacolo suddiviso in due tempi dominati dal profumo della leggerezza, della impalpabilità. La leggerezza del vento che dolcemente muove gli abiti dei due amanti che passeggiano lungo il fiume, o la leggerezza di lettere che piovono dall’alto come sospinte dalla brezza dell’amore.
La leggerezza della pioggia che cade “letteralmente”, scandendo i ritmi lenti del gelido inverno russo, o la leggerezza della fiamma di una candela accesa nello studio del grande autore. Sfortunatamente la tubercolosi stroncherà Cechov a soli 44 anni nel 1904, troppo repentinamente per Olga che non avrà avuto neanche il tempo per dare alla luce “un piccolo tedesco”, troppo repentinamente per il teatro che scoprirà tardi in lui, e nella sua opera la denuncia dell’inerzia e dell’indolenza dell’uomo contemporaneo, come lui stesso affermava: “nelle mie commedie non faccio altro che dire alla gente: come vivete male”.
Scene e costumi di Bruno Buonincontri, musiche di Pasquale Scialò, luci di Raffaele Perin, la commedia sarà in scena fino a domenica.
CORRIERE DEL MEZZOGIORNO venerdì 27 gennaio 2006
Lieve l’amore secondo Cechov
di Natascia Festa
Un grande letto al centro della scena è segno che di storia d’amore si tratta. Ma il diaframma che lo attraversa – come una lama trasparente che taglia in due la scenografia – è il presagio di una separazione che presto diventerà definitiva. Lui è lo scrittore Anton Cechov, lei l’attrice del teatro d’Arte Olga Knipper. Si sono incontrati a Mosca in occasione del trionfo de «Il Gabbiano», da allora si sono solo amati. La loro storia è raccontata da quattrocento lettere che Nocher, Berge e Cristophoroff hanno messo insieme in un testo poi tradotto da Nora Venturini. A portare in scena al Bellini di Napoli «Anton Cechov e Olga Knipper. Una storia d’amore» (alle 21,00 fino al 29 gennaio) con la regia della stessa Venturini, sono Giulio Scarpati e Lorenza Indovina. A dispetto della tragicità incombente, l’atmosfera dello spettacolo è lieve, ironica e fresca, e la storia d’amore che dura sei anni – dal 1898 al 1904, anno della morte per tisi dello scrittore – appare modernissima.
Mentre Olga conduce una vita faticosa e mondana, Anton rimane nella sua Yalta a scrivere. Sullo sfondo la famiglia di lui, madre e sorella, gelose del loro unico uomo. Il dialogo epistolare è brioso e registra, insieme all’altalena dei sentimenti, la temperatura del laboratorio di scrittura di Cechov oltre quella della sua malattia. Anton e Olga recitando passi delle loro lettere danno corpo ad un dialogo in presa diretta.
Cechov diceva «la medicina è la mia moglie legittima, la letteratura è la mia amante», Olga fu l’una e l’altra. I due, infatti, si sposarono nel maggio del 1901 dopo tre anni dal loro primo incontro, ma non vissero quasi mai insieme. La pièce, oltre al livello biografico, si spinge qua e là nell’offrire un’interpretazione dell’intera opera cechoviana, meno tragica delle letture canoniche. Scarpati, dopo la prova nell’«Idiota» di Dostoevskij, conferma la sua corda russa. Esaltata dalle belle musiche di Pasquale Scialò.
LA STAMPA giovedì 2 febbraio 2006
SUCCESSO DELL’ATTORE GIULIO SCARPATI ALL’ERBA CON LO SPETTACOLO DIRETTO DA NORA VENTURINI
Cechov e la sua attrice: un amore che con Scarpati è fatto di gioia
di Osvaldo Guerrieri
Sei soli anni durò l’amore tra Anton Cechov e Olga Knipper. Quando si conobbero, lui aveva trentasei anni, lei dieci di meno. Lui era uno scrittore affermato, lei un’attrice del Teatro d’Arte di Mosca. Quell’ amore culminato nel matrimonio si è sedimentato nelle 400 lettere che i due si scambiarono tra il 1898 e il 1904. Il carteggio ci rimanda a un amore fatto d’arte e di sentimento, segnato dalle separazioni e dalle attese. Poiché Cechov, malato di tisi, era costretto a soggiorni sempre più lunghi a Yalta; e la Knipper era assorbita dal palcoscenico, sul quale, non senza terrori, dava corpo e voce al «Gabbiano», a «Zio Vanja», al «Giardino dei ciliegi».
Su quell’amore spiato attraverso le lettere Peter Brook realizzò qualche anno fa con Michel Piccoli lo spettacolo «Ta main dans la mienne». Adesso la regista Nora Venturini si cimenta con la stessa materia impetuosa e friabile, affidando i due personaggi a Giulio Scarpati e a Lorenza Indovina, cui s’aggiungono le voci registrate di Ludovica Modugno e di Pierfrancesco Poggi.
Lo spettacolo, in scena all’Erba fino a domenica, è collocato dallo scenografo Bruno Buonincontri in una stanza divisa a metà, come avesse due anime. Una è di Cechov, con lo scrittoio, il letto, le boccette delle medicine e le finestre aperte su Yalta. L’altra è di Olga: si affaccia su Mosca ed è la stanza del teatro e della femminilità. Qui s’imbastisce il «vieux jeu» dell’innamoramento, del corteggiamento, delle pulsioni artistiche, mentre la vita si assottiglia, brilla di una speranza sempre più esigua. Quel che emerge dallo spettacolo è però un trascinante senso di vitalità, perfino di gioiosità. Scarpati e la Indovina affrontano l’impresa con allegria. Sono bravi, «in parte», spiritosi, ironici. Il pubblico sta al gioco, si diverte e alla fine libera lunghi applausi.
IL GIORNALE DI VICENZA venerdì 17 Febbraio 2006
Teatro/2. Bella prova di Scarpati – Indovina
Un amore per posta è paziente e assoluto se firmato Cechov
di Jacopo Bulgarini d’Elci
Vicenza. Vivaddio, la tv non può tutto. Poco prima di assistere al nuovo lavoro portato in scena da Giulio Scarpati con Lorenza Indovina, ‘Una storia d’amore’, e cioè la liaison sentimentale che lega, in un frenetico epistolario, le vite di Anton Cechov e Olga Knipper, si va all’incontro con gli attori organizzato al Vicenza.com Village. Innegabile: in mente si ha la faccia pulita e glabra da bravo ragazzo con cui il grande pubblico ha scoperto e amato Scarpati nei panni televisivi e leggeri del Lele Martini di ‘Un medico in famiglia’. Sorpresa: quando Scarpati entra assieme a Lorenza Indovina nell’affollata saletta, neanche lo riconosciamo. Ha una bella barba, è rilassato, ironico e insieme serio, pensoso. Alla fine del brillante incontro moderato da Aristide Genovese, arriva la domanda dal pubblico: se il teatro è in crisi, non sarà colpa della tv? Scarpati sfodera un invidiabile aplomb. Propone di convertire il finanziamento statale al teatro in spot per informare il pubblico sugli spettacoli in corso. Arrivando persino a mettere in questione le responsabilità del teatro per spiegare la disaffezione del pubblico.
Arriviamo ben disposti all’appuntamento serale all’Astra. Piace subito la bella idea di dividere il palco in due parti: a sinistra la sobria casa rurale di Yalta dello scrittore Cechov; a destra il camerino raffinato e cittadino dell’attrice Olga Knipper, suo amore e poi moglie negli ultimi anni di una vita interrotta, a soli 44 anni, dalla tubercolosi. Un punto per la regia di Nora Venturini (moglie del protagonista) e per lo scenografo e costumista Bruno Buonincontri. Scelta felice anche perché consente di teatralizzare la selezione dell’epistolario tra i due amanti (440 lettere in 6 anni) che altrimenti, come annotava l’attore nell’incontro pomeridiano, rischiava un certo schematismo.
I due vivono mondi e vite separati: si parlano per lettera, divisi dal muro della distanza, avvicinati dall’amore assoluto per il teatro. Sono gli anni in cui Cechov scrive o riscrive ‘Zio Vania’, ‘Le tre sorelle’, ‘Il Giardino dei Ciliegi’: spesso pensando all’amata Olga, che in parallelo li porta al trionfo con il Teatro di Mosca guidato, secondo i rivoluzionari canoni del realismo, da un certo Stanislavskij. Rari, e perciò preziosi, gli incontri: con i due attori nella stessa metà della scena, in una romantica passeggiata sul mare, avvinti nell’amplesso.
Emerge il ritratto di un Cechov ironicamente lunare, permeato da una levitas divina: malato e poi moribondo, non cessa di predicare, e inseguire, la felicità e l’impegno – a vivere, a costruire un mondo migliore. Si stupisce della commozione del pubblico davanti alle sue opere: ma come, io la intendevo come una scena comica, grottesca!
Emerge il disegno di un amore che sa essere paziente e assoluto: che contempla la solitudine come necessaria premessa all’autonomia di due vite votate alle lunghe, sofferte separazioni. ‘Let’s be alone together, let’s see if we are that strong’, cantava il vecchio Leonard Cohen, saggio.
Emerge una maturità di interpreti convincente e partecipata, di grande sintonia espressiva: la Indovina infonde alla sua Olga i tratti di una passione viscerale e profondamente femminile per il mestiere, e la ‘parte’, dell’attrice negli inizi ruggenti del ‘900; Scarpati mostra, nei guizzi, nei gesti, nel sottotono, la capacità non banale di guadagnare al palcoscenico uno spazio di totale autonomia rispetto all’onnipotenza e alla pervasività dell’immagine conquistata sul piccolo schermo. Se si è nati a teatro, probabilmente, non si può vivere di sola tv: Scarpati ci mostra anche che di tv, in fondo, non si deve necessariamente morire.
IL TEMPO domenica 26 febbraio 2006
Cechov tra passione e teatro
Intelligente interpretazione di Giulio Scarpati nel ruolo dello scrittore
di Tiberia De Matteis
UNA COPPIA d’altri tempi, animata da poetici moti dell’animo e da un moderno spirito d’indipendenza, è ritratta con il gusto delicato di un’autenticità umana aliena dal sentimentalismo e tuttavia intrisa di emozioni nello spettacolo «Una storia d’amore: Anton Cechov e Olga Knipper» che attinge al corposo carteggio del drammaturgo russo e dell’attrice che sarebbe diventata sua moglie attraverso il filtro della scrittura drammatica di Nocher, Berge e Cristophoroff.
Protagonisti un Giulio Scarpati di ispirata e intelligente compostezza e una Lorenza Indovina misurata ed espressiva, diretti dalla vigile e nitida lettura registica di Nora Venturini che risolve il problema di trasformare un epistolario in partitura teatrale dividendo idealmente il palcoscenico fra lo studio di Yalta dove Cechov tenta di curare il suo male incipiente quanto fatale e il camerino della sua compagna, troppo innamorata del suo mestiere per dedicarsi esclusivamente al marito.
Un matrimonio inconsueto, consumato con lunghe separazioni compensate dall’assiduità della reciproca corrispondenza, segue a un fidanzamento altrettanto disinvolto nella precisa e complice volontà di rispettare la comune passione per il teatro. E nella quotidianità di un ordinario scambio coniugale a distanza si insinua l’evocazione dell’epoca gloriosa del Teatro d’Arte di Mosca con gli esperimenti naturalistici di Stanislavskij, le rivalità professionali fra le compagnie, le pretestuose rivendicazioni dei critici e tutto quell’insieme di patemi, timori, riconoscimenti e sfoghi narcisisti che contraddistinguono gli adepti della scena. A interrompere la produzione creativa di un preveggente autore drammatico, bruciando anche la speranza di vedersi proiettato in un figlio, arriva però inesorabile la morte per tisi a soli quarantaquattro anni, ma comunque il dialogo con la moglie continua e le parole superano ogni limite spazio-temporale proprio come accade in teatro.
LA REPUBBLICA – ED.ROMA domenica 5 marzo 2006
Cechov e la sua musa
Un epistolario d’amore
di Rodolfo di Giammarco
A sinistra l´ovattata e meditativa opacità di una stanza che affaccia sulla campagna silvestre di Yalta, a destra il mondano e narcisistico bagliore di una sorta di camerino teatrale. A sinistra l´Anton Cechov intimo affetto da tisi, confinato in temperature miti prima di morire a soli 44 anni, capace di un amore discreto con la quasi sempre lontana moglie-attrice Olga. A destra costei, la stanislawskjana Knipper, usignolo dedita a lui, e artista ‘cechoviana’ in tournée, sorpresa nelle retrovie delle recite. A sinistra e a destra un rimpallo continuo di lettere costituenti il carteggio di Una storia d´amore… di Nocher-Berge-Cristophoroff, un romanzo epistolare che già (in altra forma diafana) ispirò Peter Brook. A sinistra Giulio Scarpati giovialmente maturo, ritroso, epigrammatico, mai proprio infelice. A destra Lorenza Indovina arditamente musa, capziosa, estatica, pratica. A sinistra e a destra souplesse e leggerezza sparse a piene mani dalla regia di Nora Venturini.