Cappuccetto Blu

di Tato Russo

scene Bruno Buonincontri
musiche Mario D’Amora
regia Tato Russo

con
Nello Mascia, Edy Caggiano, Gianni D’Ambrosio, Ghita Sestito, Tato Russo, Santa Di Salvo, Raffaele Piscopo, Silvano Maffeo, Claudio Comes

 

stagione teatrale 1973/74 (alcune date)
Venezia (Marghera)  – Teatro Aurora 6 maggio 1974
Padova – Teatro Verdi 7 maggio 1974
Verona – Teatro Laboratorio 8 maggio 1974
Mantova – Teatro Accademico del Bibiena 9 maggio 1974

 

La Favola. Il bambino. L’uomo. L’attore.
Il rapporto sulla scena, triplice.
La favola nasce col bambino. Muore nell’uomo.
L’attore la precipita verso il nulla, verso l’umano.
Il suo ruolo: Da A. Dal bambino all’uomo.
Scoprire sensi nuovi, riposti nel tempo.
Strumento letterario di lotta contro la repressione, la favola è resa nei tempi mezzo di ottenebramento della classe operaia, contentino quasi religioso, luogo comune del sopruso mezzuccio per avviare a una speculativa rassegnazione.
La riscoperta di essa in chiave teatrale vuol essere una riconduzione alle origini, la evidenziazione di uno strumento letterario di lotta che ben si addice al proletariato.
Il lavoro parte da questa ipotesi contenutistica di base e cerca di svolgere l’assunto per l’intera durata.
Due momenti: Situazione
Rivoluzione
Il problema da superare nelle messinscena: l’unità.
L’eccessiva frammentarietà del testo potrebbe distogliere la ragione dello spettatore interrompendogli il filo del discorso che va oltre i singoli accadimenti.
L’identità dei contenuti e la disciplina unitaria delle forme per evitarlo.
La messinscena parte dal gioco e arriva alla follia.
Gioco è comunque assenza da ciò che ci è intorno. Possibilità di solitudine, unica reazione a livello esistenziale. Ma non basta.
Il gioco si rivela insufficiente. Diventa crudele in sé.
L’azione collettiva prende il sopravvento. Scardina l’ultima favola e partorisce i nuovi sensi.
Le dimensioni cambiano: il lavoro procede per mutamenti.
Prende altri ritmi, altre pieghe. «Diventa» man mano cosa diversa da ciò che era. Il nuovo viene assunto alla fine senza sforzo, perché presente costituzionalmente.
La regia, da un punto di vista formale, è rivolta alla valorizzazione dei mezzi, primo fra tutti l’attore, ora più che mai totalmente attivo, con i suoi muscoli e il suo cervello. Deliberatamente passa dai cartoons al melodramma, dalla follia alle marionette. Il triplice ruolo dell’attore salda il composito e fa luogo spettacolo. Teatrale in senso assoluto, ai limiti del voluto, alla ricerca del mezzuccio, ma sempre teso al segno predisposto di «Comunicare».
Tato Russo

Note di regia

COMUNICARE IN QUALSIASI MODO

Avanretro, guardiavanti, giardiaretro, retroguardia, guardiasemplice, avanguardia. Teatro: la realtà. Corpus: degli spettatori e degli attori. Mistico: unico. Coinvolgere: in qualche modo. Criticamente, per la miglor parte.
Emotivamente, se la ragione passi attraverso l’emozione o ne sia istintualmente favorita. Comunicare. Qualcosa,. In ogni modo. Attraverso i sensi o l’intelletto. Con qualsiasi mezzo: l’immagine quando essa soccorra. La parola, quando indispensabile. La musica. La luce. Le cose. Spettacolo teatrale: «composto» di mezzi compositi tra loro essnziali o almeno utili ad esaltare la comunicazione. Regia: scelta dei mezzi tecnici disponibili. Verifica di aderenze e di favori particolari alla comunicazione.
Avanguardia: ricerca di mezzi, invenzione nell’uso degli stessi: verso la comunicazione. Non sterile masturbazione intellettualistica.
L’uso del suono. La principalità di un’immagine. La improbabilità della parola letteraria. Si sa. È il momento di costruire: sui risultati nuovi. Sulla ricerca effettuata. Dare un ruolo ad ognuno dei mezzi inventati o reiventati, un ruolo competente, non oppressivo ed esclusivo.
E rispettarli, senza incombere nelle competenze delle sfere specifiche.
In questo storia Cappuccetto. La sua messinscena una elaborazione in senso ufficiale dell’avanguardia. Il teatro ufficiale muore ma fa posto non all’avanguardia, bensì ad un altro teatro ufficiale che è questa avanguardia, il suo risultato definitivo. Perché non esiste che cultura ufficiale che segue altra cultura ufficiale.
Avanguardia: solo storia e momentaneità delle posizioni.
In tal senso la messinscena da me curata parte dall’avanguardia come risultato ormai certo e assimilandola la trasporta su un piano di maggiore pubblicità. Lo spettacolo si impadronisce dei mezzi tecnici rivisitati dall’avanguardia, e, nei limiti dei nuovi ruoli assunti, ne usufruisce non più per essa stessa, ma per lo spettacolo in senso tradizionale, per esaltare il rapporto col pubblico. La verità teorica si ostenta con ipotesi paraboliche, l’assimilazione pratica ne confina gli slanci nell’attuazione. Il momento entusiasmante e onnivoro della scoperta cede il passo alla riflessione dei limiti della sua applicabilità. E si palesa dell’avanguardia il contenuto e si scopre aver riguardato più i mezzi e la tecnica che non i fini.
L’operatore ne approfitti, per costruire su essa il nuovo teatro che, comunque, sia spettacolo, non rito caprino, non cerimonia ludica o religiosa. Teatro – oggi è spettatore seduto sulla poltrona, incontro di boxe o partita di football, spettatore che «assiste», intellettivamente o sentimentalmente, mai comunque fisicamente.
Compito del teatro oggi, nei limiti quasi geografici degli spazi e delle strutture, è esaltare la percezione intellettiva dello spettatore attraverso i mezzi, così che raggiunga attraverso la ragione e non più il sentimento la compattezza del rapporto con lo spettatore.
Comunicazione non più sensoriale, ma critica e razionale. E questa si giovi anche del sentimento se la ragione passi attraverso di esso.
Tato Russo

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