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La Notte poco prima delle Foreste
di Bernard-Marie Koltes
(La nuit juste avant les forêts)
traduzione Crico – Favino
con PIERFRANCESCO FAVINO
regia LORENZO GIOIELLI
luci MARCO D’AMELIO
sound designer SEBASTIANO BASILE
foto FABIO LOVINO
Premio Le Maschere del Teatro Italiano 2018 a Pierfrancesco Favino quale miglior interprete di monologo
L’intelaiatura di quest’opera è un paradigma straordinario, un testo fluentissimo e irto nella sua prosa vertiginosa, aliena da punteggiatura ferma, tutta pervasa di anacoluti e biasimi. I temi assoluti di questo autore prematuramente scomparso a quarant’anni affiorano in una comunicazione per voce solista, un poema teatralissimo che sconta i problemi dell’identità, della moralità, dell’isolamento, dell’amore non facile.
Note dell'interprete
Mi sono imbattuto in questo testo un giorno lontano, mi sono fermato ad ascoltarlo senza poter andar via e da quel momento vive con me ed io con lui.
Mi appartiene, anche se ancora non so bene il perché.
E’ uno straniero che parla in queste pagine.
Non sono io, la sua vita non è la mia eppure mi perdo nelle sue parole e mi ci ritrovo come se lo fosse.
Il suo racconto mi porta in strade che non ho camminato, in luoghi che non ho visitato.
Come un prestigiatore, fa comparire storie di donne, di angeli incontrati per caso, di violenze e di paura di ciò che non conosciamo.
Forse è anche a questo che serve il Teatro e mi auguro di riuscire a portarvi dove lui porta me.
Questo spettacolo nasce da una promessa che non avrei in nessun modo tradito fatta a una donna che di Teatro si è nutrita e che ha nutrito il Teatro.
La produttrice di “Servo per due“, la mia amica testarda e coraggiosa, quella che aveva sempre l’ultima parola, quella che si è fidata di me.
La mia amica si chiama Melina Balsamo e questo spettacolo è per lei.
Pierfrancesco Favino
Note di regia
Nella notte poco prima delle foreste, poco prima del punto di non ritorno della nostra umanità, poco prima della fine del mondo, un uomo, uno straniero, un estraneo, un diverso che ha tentato in tutti i modi di diventare un eguale, ferma nella pioggia un ragazzo. Che sembra un bambino. Immacolato.
Qualunque cosa aggiunga e qualunque tentativo di spiegare cosa l’estraneo dice al giovane farebbe un torto a Koltes, a Favino e al pubblico. Le piane e corrette parole che dovrei scrivere servirebbero soltanto a limitare la dolorosa vastità dell’interprete e a minimizzare la sconcertante bellezza del testo.
Altra cosa, da regista, è dare una forma a tale evento. Questa forma non è una creazione, come per l’autore e l’attore. La regia de “La notte” riguarda soltanto il portare alla luce tutto quello che si è compreso dell’abbagliante e umanissima bellezza che si è avvertita, e che quindi si è aiutato a comprendere, sia dell’attore che del testo. Anche se tracciare una linea di confine fra i due, a questo punto delle prove, è francamente uno sterile esercizio intellettuale. Depurare ed esaltare l’esistente, quindi, non aggiungere sovrastrutture espressive non necessarie.
Altro imperativo categorico di questa formalizzazione è l’assoluta comprensibilità per il pubblico. Non solo da un punto di vista logico ma per un più completo riconoscimento emotivo dell’evento a cui si assiste.
Per raggiungere questi scopi, alla regia sono necessari calore, obiettività e ascolto, non necessariamente in questo ordine. Sono altamente sconsigliati cinismo ed egotismo, in quanto fattori inquinanti e ingannatori. Bisogna esercitare l’autenticità del proprio sguardo perché generi l’autenticità dello spettacolo. Per tutto il resto, il pubblico è re.
Rassegna stampa
14.01.2018 Repubblica-Rodolfo di Giammarco
14.01.2018 Il Messaggero-Simona Antonucci
14.01.2018 La Stampa-Masolino D’Amico
6.01.2018 Corriere della Sera intervista di Emilia Costantini
6.01.2018 Il Messaggero intervista Simona Antonucci
6.01.2018 Repubblica intervista di Rodolfo Di Giammarco
21.01.2018 Corriere della Sera recensione Franco Cordelli