L’Isola di Sancho

di Manlio Santanelli

scene Bruno Buonincontri
costumi Zaira De Vincentiis
musiche Pasquale Scialò
regia Gianfranco De Bosio

con Nello Mascia
Tommaso Bianco, Norma Martelli, Gerardo Scala, Nando Paone, Paola Fulciniti
e con Marina Confalone
e con la partecipazione di Franco Acampora

 

Che cos’è in definitiva questo ‘Demone Meridiano’ che quotidianamente semina lo scompiglio nel ducato di Maddaloni, piccolo feudo meridionale senza altri confini di spazio e di tempo?
È un veleno sottile, una misteriosa forma di idrofobia dei sentimenti, che attossica i membri della Corte e li induce a ringhiare e azzannarsi per tutto l’arco del giorno.
Ma i sentieri del male sono ardui da percorrere a viso scoperto, e sempre più rari si fanno i malvagi che non si peritano di esibire il proprio sembiante naturale; e dunque pure tra i nobili di questo feudo s’impone l’uso di maschere e travestimenti.
In tale crogiuolo di umori atrabiliari, che per l’occasione si presenta sotto l’inoffensivo aspetto di un teatrino di Palazzo, precipita dai candidi cieli della sua miseria il popolano Sancho, e pensa bene di tirarsi dietro moglie e figlia.
Abbacinato dal miraggio di essere eletto Duca così come si diventa addetti comunali, vale a dire mediante domanda scritta e successiva prova attitudinale, Sancho è costretto a vivere una memorabile giornata di acrobazie sul trapezio dei ricordi e delle speranze, nell’esecuzione di un repertorio di sentimenti e di impulsi tipico di chi non ha altro desiderio nella vita, che quello di cambiarla, e possibilmente in meglio.
Ma è in agguato il peggio. E Sancho finirà ingloriosamente scornato e non dai nobili – che sarebbe ,meno inglorioso – bensì da un suo pari, un attrezzista del teatrino di nome Carluccio. E si vedrà così negata finanche la commedia di vittima del potere.
Manlio Santanelli

Note di regia

Una favola non edificante
A concludere la prefazione di “Uscita d’emergenza”, la commedia che rivelò Manlio Santanelli, avevo scritto che si ritrovava “in quest’opera di rara poesia, il sapore amaro della memoria. E della disperazione. E della risata che illumina il mondo”.
Nella sua seconda commedia, ho assaporato il sapore agro dell’utopia.
Al Centro di Drammaturgia di Fiesole si raccoglievano proposte sul vasto tema dell’utopia: con Manlio indicammo una nostra ipotesi di lavoro, di taglio ironico, che raccontasse in una favola comica, derivata alla lontana dalla divagazione di Cervantes, come sia una beffa l’utopico comando concesso al personaggio popolare.
Così nacque “L’isola di Sancho“, dal nome imposto al pescatore napoletano Santo nel momento in cui venne nominato governatore per burla. Alla nuova commedia mi legano i miei anni di ricerca sull’irruzione dei linguaggi popolari nel teatro nazionale fino a costituirne la spina dorsale; mi mancava l’esperienza della cultura teatrale napoletana, grazie a Santanelli quest’incontro ora è avvenuto.
L’autore racconta una favola maledettamente mediterranea, intessuta dei tipici conflitti fra plebe e signori dell’area meridionale, con l’archetipo della famigliola popolare tenuta assieme da rassegnazione e superstizione, e l’altro archetipo della famiglia potente accidiosa e disgregata e la finale catastrofe del poveraccio votato all’archetipo esilio-emigrazione. Ma all’interno di questa programmatica tipicità, Santanelli ha affrontato anche questa volta dei problemi che mi pare riguardino la cultura europea.
Le sue frecce intelligenti colpiscono gli inguaribili ottimisti dell’utopia del comando popolare e del benessere universale. Nella favola emerge, al disopra dell’ovvio conflitto di classe, la descrizione della mancanza di solidarietà tra gli oppressi: nella disgregazione dell’antico potere spicca la novità del popolano che punta alla conquista del potere personale all’interno del giuoco dei potenti, usando le loro stesse regole, e vince perché giuoca meglio al solito giuoco. Questa è la morale della nostra favola, e proprio la sua sgradevolezza, per dirla shawianamente, mi sembra che ne elevi il divertimento e ne garantisca l’utilità.
Gianfranco De Bosio