Uomo e Galantuomo

di Eduardo De Filippo

scene Maurizio Valenzi
costumi Mariolina Bono
musiche Pasquale Scialò
regia Ugo Gregoretti

con Nello Mascia
Marcello Bartoli, Franco Iavarone, Paolo Falace
Gino Monteleone, Bruno Cariello, Giancarlo Cosentino, Luciano Fruttaldo, Simona Guarino, Mirella Maciariello, Vittoria Piancastelli, Viviana Polic, Cinzia Sartorello
e con la partecipazione straordinaria di Nuccia Fumo

Trama

Grazie al giovane e ricco Alberto una compagnia di guitti, ormai alla miseria, ha trovato alloggio in un albergo di Bagnoli.
Bice comunica ad Alberto di essere incinta. Alberto, da vero galantuomo, vuol riparare rapidamente col matrimonio. La ragazza tergiversa, è misteriosa, inventa mille scuse per rifiutare la proposta. Alberto fa pedinare l’innamorata, ne scopre l’abitazione e si presenta alla signora Matilde, madre di Bice, per formulare una corretta richiesta di matrimonio. Matilde è sbalordita: sua figlia è sposata al conte Carlo Tolentano ed attendono la nascita dell’erede. Alberto è sorpreso ma ancora di più lo è Bice nel trovarlo in casa. Il conte, di nascosto, ha sentito tutto ed è infuriato, inveisce contro la moglie. Alberto escogita uno stratagemma per salvare la situazione ed evitare uno scandalo: si finge pazzo.
In casa Tolentano, per una strana coincidenza, arriva Gennaro, il capocomico della compagnia protetta da Alberto, che, riconosciuto il benefattore e la fidanzata, è sul punto di rendere vano lo sforzo del giovane. I Tolentano pensano sia meglio far ricoverare in un manicomio il poveretto , quindi lo fanno accompagnare in questura. Prima che Alberto venga internato il conte scopre la finzione, lo apprezza e ritiene di dover esprimere al giovane la propria gratitudine per averlo salvato dal disonore, dovrà però continuare a fingersi pazzo per garantirgli la rispettabilità.
Bice confessa: la relazione extraconiugale non è che una ripicca contro il conte che l’ha ripetutamente tradita. Finalmente Alberto si considera libero! Il conte però non sa più come cavarsela e si finge…. pazzo. Gennaro, che ha passato molteplici e comicissimi guai, è perseguitato dall’albergatore che pretende il saldo ed altro non può fare se non fingersi pazzo anche lui.

Note di regia

Non sono un eduardologo, e non avevo mai messo in scena prima d’oggi un testo di Eduardo.
“Uomo e Galantuomo” lo conoscevo per averlo recitato da ragazzo (Eduardo era molto generoso con i giovani filodrammatici partenopei) e in una versione per soli uomini, come si usava allora nelle scuole dei gesuiti.
Ricordo che Bice e don Alberto non erano amanti, ma cugini, di sesso maschile, fuggiti da un convitto.
Riguardando adesso questa commedia con più attenzione e cognizione, mi sembra di poter azzardare un piccolo contributo alla lettura del teatro eduardiano del periodo giovanile: i primi anni venti. Direi che ci troviamo di fronte a un Eduardo trilaterale, con un lato napoletano, uno parigino e uno americano. La grande matrice del teatro comico napoletano irrompe nel primo atto con la lunga scena delle prove in albergo, una delle più irresistibili e perfette che mai, a mio avviso, siano state inventate. L’Eduardo parigino mi pare possa ravvisarsi invece negli stereotipi del secondo, un po’ Feideau e un po’ Labiche con qualche schizzo di pomodoro; il lato americano nel terzo, con la dinamica gag dei tre bicchieri di acqua e amarena che forse rimanda a Charlot, Harold Lloyd ed altri maestri del cinema comico hollywoodiano di quegli anni.
Ugo Gregoretti

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